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re dell'occhio, e che apparifce in tutti, come un foro nero ora più grande, ed ora più picciolo; la lente è l'umor criftallino, che ne â appunto la figura, e che stà in faccia alla pupilla tenuto fofpefo da certe fibrille, chiamate proceffi ciliari, che partendo da una tonica, o fottiliffima pelle, che circonda di dentro l'occhio, vanno a piantarsi ne' margini di lui; la carta fu cui fi riceve l'immagine degli oggetti, è la retina formata da' filamenti e dalla foftanza midollare del nervo ottico, che è dalla parte di dietro attaccato all'occhio, e che è il gran canale di comunicazione tra efso, ed il cervello. Glifpazj, che fono tra la parte anteriore dell'occhio, e l'umor criftallino, e tra quefto, e la retina, fono riempiti di due umori men denfi dell'umor cristallino, ma più denfi dell'aria. Mercè tutto questo apparato, non altrimenti che nella camera di poc' anzi, fi dipingono fulla retina in miniatura gli oggetti efteriori, e noi vediamo.

Io non credeva certamente, ripigliò la Marchefa, d'essere trafportata così ad un tratto dalla camera ofcura, dentro al mio occhio, e quel bel quadro di poc'anzi aver tanto che far colla vifione. Molti dovettero, foggiuns' io, innanzi a voi offervarlo, fenza fofpettar, ch'egli vi avesse nulla che fare. Bafta che in una ftanza per altro ofcura vi fia un foro, un pertugio che non ecceda una certa grandezza, perchè fulla muraglia oppofta, o ful pavimento fi veggano dipinti gli oggetti, che fon dirimpetto al foro. La lente, replicò la Marchefa, non è ella neceffaria a quefta pittura? Ella lo è, rifpos' io, per darle in certa maniera l'ultima maF

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no, ma anco fenza di effa, purchè il foro fia picciolo, e la muraglia oppofta, o il pavimento non molto lontano, iraggi, che da ciafcun punto degli oggetti efteriori paffan pel foro,fono affai vicini fra loro, onde non abbiano a confonderfi, e poffan dipinger ful pavimento, o fulla muraglia una competente immagine degli oggetti esterni. Se egli avviene che l'umor criftallino divenga opaco, nel che confifte la cataratta, non v'â altro rimedio in quefto cafo per ricovrar la vifta, che farfelo deprimere tagliando que' filamenti che lo tengon fofpefo; e allora fi può dipinger fulla retina di quefti Iventurati una tal qual immagine degli oggetti. Ma ficcome la pittura nella ftanza ofcura è molto più debole, e confufa, quando non fi applica al foro di effa una lente, così lo è quella, che fi fa fulla retina di costoro, allorchè non v'â più in faccia alla pupilla l'umor criftallino, che è la lente dell' occhio; benchè gli altri due umori, che restano, ajutino un poco i raggi ad unirfi, ed una lente conveffa poffa in gran parte fupplire alla mancanza dell' umor criftallino. Così fupplifs' ella pure ad un'altra più grave malattia dell'occhio, in cui, benchè egli fia per altro valente, efano, la retina o il nervo ottico infermo ed oftrutto non porta al cervello fenfazione alcuna dell'immagine degli oggetti, che vi fi dipinge chiara, e diftinta. Questa malattia, che dicefi Gutta Serena, fu la cagione della cecità fe non del Greco almeno dell' Inglefe Omero, ch' egli intrecciò nel fuo Poema alle amenità del perduto Paradifo, alle zuffe degli Angeli, & all'Abiffo pregnante.

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Cotefto quadro adunque della camera ofcura, difs' ella, che parea folamente proprio ad occupar qualche oziofo, o al più qualche curiofo di pittura, ci procura de' gran vantaggi, e fa per fino ricovrare in alcuni cafi la vifta a' ciechi. Non abbiamo noi l'obbligo al Defcartes dell' avercelo refo cotanto utile? Felice il Defcartes, foggiuns' io, a cui voi vorrefte effer obbligata d'ogni cofa: Ma quefta volta voi lo farete a un induftriofo Tedesco, che a cominciato molte cofe, che gli altri ânno poi perfezionato. Egli fu il primo a darci la vera fpiegazion della vifione, la quale è stata in ogni tempo uno degli oggetti della confiderazion de' Filofofi e per confeguente â avuto anch' effa la fua non difprezzabile porzione di follie. Imperciocchè alcuni tra gli Antichi ânno immaginato certi raggi, i quali dall'interno dell'occhio ftendendofi fino alla fuperficie di effo, premevano l'aria fino all' oggetto da vederfi, e queft' aria poi trovando la refiftenza dell' oggetto, lo faceva fentire alla vifta. Altri differo, la vifione farsi dalla rifleffione della vifta, cioè perchè ufcivano dall' occhio de' raggi fino all' oggetto, e fi riflettevano da quello nell'occhio in modo, che lo informavano efattamente, come l' oggetto foffe. Nè mancarono di quegli che differo, ufcir dall' occhio alcuni effluvj, i quali a mezza ftrada avvenendofi in altri, che ufcivan da' corpi, quefti abbracciavano, e feco loro tornando in dietro facean fentire all' anima gli oggetti; Ei più ragionevoli tra loro, differo ftaccarfi dalla fuperficie de' corpi, membrane fottiliffime di particelle, e d'atomi, che tra di effi ânno la medefima difpofiF 2

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zione, e il medefimo ordine, che è nella fuperficie de' corpi medefimi; equefte membrane, che chiamavano fimulacri, o immagini affatto fimili a'corpi donde partivano, entrar nell' occhio, ed in tal modo farli la vifione. Ed egli è mirabile efferfi trovato in quefto fecolo, e molto più in Inghilterra, chi acciecandofi al lume delle cofe, fiafi un' altra volta voluto immerger nella notte delle parole dicendo la vifione farfi per via de' differenti gradi delle forze efpanfive, communicate da' corpi all' occhio attraverso il pieno, e le diverfe modificazioni di effa, come la diftinzione, la debolezza, e la confufion nel vedere,nafcere dalla proporzione che anno quefte efpanfive forze degli oggetti colle contrattive de' nervi ottici. I Moderni però toltone per avventura quefto, il quale come quell' altro, chefcriffe già in quefti ultimi tempi contro la circolazion del fangue, neceffario era all' infinite, e ftravaganti combinazioni dello Spirito umano ânno abbandonato quefte chimeriche spiegazioni, figlie dell' ignoranza, e dell' orgoglio, nè ânno gran fatto apprezzato le ragioni di coloro, che voleano gli effluvj ufcir più tofto dall' occhio, che dagli oggetti, effendo più ragionevole, che ufciffer da una foftanza animata, che da una inanimata, che gli orecchi, la bocca, il nafo eran concavi per ricevergli dentro a fe, laddove l'occhio era convelfo per mandarli fuori. Eglino non oftante quefte belle ragioni ânno ridotto l'occhio ad effere una camera perfettamente ofcura, rigettando, ed estinguendo affatto quella luce, che il più degli Antichi immaginavano ufcirne, fe non foffe per av

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ventura per gli augufti occhi di Tiberio, che fve gliato la notte, fecondo che dicefi, potea, come in chiaro giorno, per alcun tempo vedere ; da' qua li dir fi voleffe che ne fchizzaffe fuori qualche fcintilla; o di qualche altra perfona di confiderazione, che meritaffe fi faceffe un' eccezione in grazia fua.

Farà meftieri, replicò ella, porre anche i gatti tra le perfone di confiderazione, e fare un' eccezione anche per loro. Faremo loro volontieri queft' onore, rifpos' io, fol che fi contentino, che diciamo quella luce, che fi vede loro come ufcir dagli occhi la notte, ad altro non fervire che ad illuminar gli oggetti, onde poi fe ne pofsa dipinger l'immagine nella loro retina; pofciachè come infinite altre cofe così la vifione fi fa nella medefima maniera negli uomini che ne' bruti. Anzi fi può dire, che fiamo obbligati ad efso loro del veder manifestamente la maniera, ond' efsa fi fa; poichè per dimoftrarla fi fa ufo per lo più d'un occhio di qualche animale, come d'un bue, nel cui fondo, levate che ne fieno le pelli, fe fi porrà una fottiliffima carta, e perciò trafparente, fi vedrà in efsa non altrimenti, che fi faccia nella camera ofcura dipinta al rovescio l'immagine degli oggetti, a* quali l'occhio è rivolto. Nel che vedete, o Madama, bizzarria de' noftri Senfi. Noi diciamo per efempio giornalmente il calore è nel fuoco, non. meno che nelle noftre mani, confondendo un moto, che è nel fuoco, e un altro, ch' egli eccita nelle noftre mani colla fenfazione del calore, che non è nè in quello, nè in quefte. Ma non diciamo già i colori efser negli oggetti, così come nell'occhio, F 3

ben;

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