Page images
PDF
EPUB

V

HARVARD COLLEGE LIBRARY

H. NELSON GAY

RISORGIMENTO COLLECTION

COOLIDGE FUND
1831

Sotto la tutela della Legge 25 giugno 1865, N. 2337.

[merged small][ocr errors]

La moltitudine delle vittime non tolse l'animo per lo addietro, e nol torrà per l'avvenire, finchè non si raggiunga la vittoria: la causa dei popoli è come la causa della religione; non trionfa che per la virtù dei Martiri. »

Sac. ENRICO TAZZOLI.

1.

Questa volta prendiamo la penna per parlare d'un frate. Si, d'un frate; ma di quelli che non hanno nulla di comune coi Farisei del Vaticano; di uno di coloro che sono degni di essere chiamati ministri di Dio, e innanzi ai quali è d'uopo inchinarsi come ad Angeli mandati dal Signore pel bene dell'umanità; d'un frate che valse a sostenere l'onore del sacerdozio ne' di della speranza, che si ricordò di essere cittadino in quelli del riscatto, che seppe morire da Martire nel giorno della sconfitta; d'un frate che insegnò colla voce e coll'esempio come possa andar santamente congiunto l'amore della religione con quello della patria, e che insegnò coll' abnegazione di sè stesso e col sacrificio della propria vita come si debba abbracciare la croce, se

vuolsi essere degni di portare il nome di seguaci di Gesù. E questo frate è Ugo Bassi, archibugiato a Bologna dagli Austriaci del Gorgoski, ad istigazione d'un satellite della Corte di Roma, monsignor Gaetano Bedini, di esecrata memoria.

Come Giovannandrea Serrao, il dotto e santo vescovo, il cui capo, infitto sopra una picca, gli assassini del 1799 portarono in trionfo per le vie di Potenza, e i sacerdoti che in questi ultimi tempi salirono il calvario di Mantova, così Ugo Bassi rappresenta il principio della religione della patria suggellato col sangue.

Il Bassi nacque il 12 agosto 1801 nella città di Cento su quel di Ferrara, da Luigi Bassi e da Felicita Rossetti, persone di modesto censo. Gli venne dato il nome di Giuseppe, e non assunse quello di Ugo se non dappoi, cioè quando entrò in

convento.

La prima istitutrice di lui fu la madre. Felicita era d'un carattere dolcissimo; ottima massaia ; non molto istruita, ma, franca e liberale, possedeva un' immensa copia d'amore e quelle virtù che fanno cara una donna. Però colpa de' tempi in cui viveva, era ben lungi dal conoscere tutti i doveri d'una madre italiana.

Privilegiata di attitudini morali felicissime, atteggiato il cuore ai casti affetti, che vivono di entusiasmo e di sacrificio, Iddio riserbava la donna

italiana a compiere un'alta missione di bene, quella dell'apostolato sublime di libertà. Se non che i troppo crudi destini, che imperversarono sulla nostra bellissima terra dal dì in cui colla grande anima del Ferruccio esalò lo spirito la boccheggiante libertà, l'avevano resa timorosa, bigotta, quasi ligia alla schiavitù; onde l'educazione de' figli, non a secolari sibbene affidava ad ecclesiastici in quell'età appunto in cui il fanciullo, anzichè di astruserie religiose, ha d'uopo di pascersi di sani principi di libertà, età in cui la mente di lui afferra in modo le idee che gli sono guida lungo il tramite della vita. L'inumano ed assurdo sistema di quel tempo soffocava ne' suoi primordi ogni nobile palpito.

L'immensa commozione ingenerata in tutto il mondo civile dalla insurrezione francese del 1789 aveva pur scossa Felicita; ma non era giunta ad emanciparla dalla cieca fiducia nella parola del prete, che la consigliava ad affidare l'educazione del figlio a' religiosi. E traslocatasi col consorte per domestici motivi a Bologna, credette dovere di madre. il mandare il suo Ugo (così lo chiameremo sin da principio) alla scuola dei padri Scolopi: quindi, terminate le prime classi, a studiare rettorica nel ginnasio di Santa Lucia, retto dai padri Barnabiti.

Anima vivace ed ingenua, mente svegliata e fervida, si rapidamente Ugo progredi negli studi, che i frati, nelle cui mani era capitato, rifletterono all'utilità e al profitto che avrebbe potuto venirne al loro Ordine dall'affiliazione del giovinetto. E però.

sin da quel tempo gli furono tutti amorevoli attorno, nè risparmiarono adescamenti d'ogni maniera per conquistarselo.

II.

L'astro di Napoleone era al suo declinare. GioacIchino Murat, che governava le provincie meridionali d'Italia, sicuro ormai che dalla Santa Alleanza, non si tosto fosse caduto il potente cognato, gli verrebbe tolta quella corona che avea sul capo per ridonarla al Borbone, cercò a tutt' uomo di conservarsela. Onde, senza porre tempo in mezzo, ragunato forte nerbo di soldati, muoveva diritto al Po, dando ad intendere che i suoi sforzi per mantenersi re di Napoli altra mira non avevano fuorchè il conseguimento dell' indipendenza italiana. Nelle città per cui transitavano le sue milizie, lasciava una Commissione incaricata di raccogliere quanti fossero volonterosi di consacrare la vita al trionfo d'una causa che veniva mascherata coll' orpello nazionale. Pochi risposero all' invito. Gl'Italiani erano stanchi dalle lunghe lotte sostenute; erano divenuti nemicissimi ai Francesi, i quali colle immoderate gravezze, colle morti della più gagliarda gioventù in lontane guerre che non erano a salute della patria loro li avevano in gran parte sospinti a parteggiare pegli Austriaci, i quali promettevano una «costituzione fondata sulla natura e sulla vera politica, che rendesse il suolo italiano inacessibile a qualunque

« PreviousContinue »